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Alle lezioni online non ci siamo arresi subito, ci siamo detti iniziamo da qualche compito a casa, poi un aperitivo virtuale, e solo alla fine abbiamo accettato di provarci. Sbuffando un po’ abbiamo ceduto al web, ai nostri allievi inquadrati in piccole finestrelle e a improvvisazioni senza ciccia e senza ossa.  “Che palle” potrebbe essere un grande riassunto di questa situazione.

 Eppure sta anche succedendo qualcos’altro.

Sembra incredibile che davvero, in questo momento in cui tutto scivola o rimane aggrappato al filo del burrone, troviamo il tempo per dedicarci a scrivere insieme, a colorare insieme, a giocare insieme. Certo che è cambiato, è cambiato completamente tutto il nostro lavoro, ribaltato il percorso che stavamo provando a realizzare ed è sicuramente difficile – difficilissimo – reggere una concentrazione creativa di fronte a uno schermo, o riuscire a sentire un contatto che non passi attraverso una vera presenza e infine ammettere che i problemi di rete e connessione impediscono a tutti di partecipare allo stesso modo.

Eppure, ripeto, sta anche succedendo qualcosa.

Nel senso che trovo e sento che proprio in mezzo a questa crisi, in mezzo a questi mezzi emergenziali che rosicano la natura stessa del nostro lavoro e delle nostre lezioni, si stia trovando anche un nocciolo di verità e solidarietà che pulsa e si inciccionisce contento. Come se si stesse stringendo ancora di più il legame tra i nostri gruppi. Forse non facciamo più realmente teatro ma ci dedichiamo comunque alla nostra immaginazione, scriviamo storie, disegniamo i nostri spiriti guida. E parallelamente ci mandiamo canzoni, articoli, uno di noi ha iniziato a raccontare la sua storia familiare attraverso intensi podcast mattutini, un’altra ci sta insegnando a montare video, tutti stanno partecipando a capire che tipo di lavori vogliono fare durante la settimana, dove caricarli, su che programmi vederci e le proposte scoppiettano come in un bel calderone che ci fa dire che oltre quelli schermi ci sentiamo vicini.

Eppure sebbene sicuramente la tecnologia ci abbia aiutato, io non credo che dovremmo ringraziarla. Penso piuttosto che dovremmo ringraziare noi stessi per star cercando di attraversarla in modo creativo, e con la nostra creatività rompere argini e schemi.

A tutti i nostri allievi

Grazie

per questo salto che stiamo compiendo insieme.

Debora Benincasa

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