Sebastian O’Hea Suarez
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Il Festival dell’Oriente.
Un evento bello, un evento grande, un evento orientale… ma anche occidentale, e per questo, un evento totale. Una campana tibetana, un kimono oppure un obi, la preziosa forma di arte tessile che i giapponesi hanno sviluppato nel loro secolare isolamento. Lo stesso isolamento che li ha limitati e imprigionati nella loro cultura ma che gli ha anche permesso di penetrarla, per arrivare a toccare il centro e il succo di quel complesso concetto che spesso viene identificato sotto il suono “universo”. Nasce così lo zen: una capacità di vivere l’arte in ogni apparentemente banale e superflua azione.
Il festival dell’Oriente si terrà a Torino dal 15 al 17 e dal 22 al 24 marzo. Perché parlarne e promuoverlo? Perché penso che Uroboro sia un evento bello, un evento grande, un evento orientale… ma anche occidentale, e per questo, un evento totale. Perché Uroboro venne influenzato da questa manifestazione durante la sua fase di germoglio, ormai qualche anno fa, e letteralmente porta in scena una parte del festival e delle sue molteplici arti.
Ancora una volta, Uroboro si macchierà dell’esistenza del Festival dell’Oriente. Non svelo nient’altro, ma la nostra prossima replica si farà in grande.